MAMMUTH

 

Fandango: Distribution

Registi Benoît DELÉPINE, Gustave KERVERN Sceneggiatura Benoît DELÉPINE, Gustave KERVERN Fotografia Hugues POULAIN Costumi Florence LAFORGE Scenografia Paul CHAPELLE Montaggio Stéphane ELMADJIAN Suono Guillaume LE BRAZ Musiche originali Gaëtan ROUSSEL Produttore esecutivo Christophe VALETTE Produzione Jean-Pierre GUERIN, No MONEY Una produzione GMT PRODUCTIONS NO MONEY PRODUCTIONS In co-produzione con DD PRODUCTIONS MONKEY PACK FILMS ARTE FRANCE CINEMA Con la partecipazione di BANQUE POSTALE IMAGE 3 CANAL + CINECINEMA Con il sostegno di La regione POITOU CHARENTES Dipartimento della CHARENTE Dipartimento della CHARENTE MARITIME In associazione con CNC Distribuzione Italia Fandango Durata 89 minuti Formato 1.85 COLORE Suono SRD

Gérard DEPARDIEU Mammuth Yolande MOREAU Catherine Isabelle ADJANI L’amante Perduta Benoît POELVOORDE il rivale MISS MING Miss Ming BLUTCH impiegato del fondo previdenza Philippe NAHON direttore della casa di riposo Bouli LANNERS agente interinale Anna MOUGLALIS finto handicappato Albert DELPY il cugino Bruno LOCHET cliente 1 ristorante Rémy ROUBAKHA cliente 2 ristorante Joseph DAHAN cliente 3 ristorante Gustave KERVERN impiegato del supermercato Stéphanie PILLONCA cameriera del ristorante Jawad ENEJJAZ giudice delle facce Rémy KOLPA KOPOUL venditore ambulante SINÉ viticoltore Paulo ANARKAO Grande Bertha Céline RICHEBOEUF amica di Miss Ming Aurélie BRIN altra amica di Miss Ming Sophie SEUGÉ complice di Miss Ming Bernard GEOFFREY direttore del macello Dick ANNEGARN custode del cimitero Marie-Claude PLUVIAUD cliente pescheria Catherine HOSMALIN amica di Catherine Eric MONFOURNY il prete Noël GODIN statua del Tartobole David POUGNAUD-BARILLON supervisore Serge NUQUES motociclista pazzo Zoé WEBER ragazzina al telefono Cédric GEOFFROY assistente alla direzione del macello


Un operaio compie 60 anni e decide di andare in pensione. Scrupoloso lavoratore dall’età di 16 anni, non ha mai fatto un giorno d’assenza, mai un giorno di malattia. Ma appena prova a ritirare la meritatissima pensione, si imbatte nel muro implacabile della burocrazia. Scopre così che molti datori di lavoro hanno “dimenticato” di versargli i contributi. L’unica soluzione per ricevere tutti i benefici pensionistici è quella di far visita a tutti i vecchi datori di lavoro e chiedere le dichiarazioni mancanti. Incoraggiato dalla moglie, il nostro eroe monta sulla sua vecchia moto degli anni Settanta, una Mammuth, da cui prende il soprannome, e parte. Torna nei luoghi della sua adolescenza, in un viaggio che lo riporta da vecchi datori di lavoro, amici e parenti perduti. È durante questo viaggio che si accorge che la gente lo ha sempre considerato un incolto imbecille. Attanagliato dal dubbio e allucinato dalle apparizioni di Yasmine, il suo primo amore, morta in un drammatico incidente motociclistico, il compito di recuperare i documenti mancanti appare, poco a poco, futile. La salvezza arriva tramite la sua nipotina, che risveglia in lui il dormiente poeta felice. Invece di avviarsi lentamente verso la morte, Mammuth decide di abbracciare la vita e ricominciare. DICHIARAZIONI DEGLI AUTORI Volevamo fare un film che fosse allo stesso tempo divertente e commovente. Divertente perché confrontiamo un uomo “socialmente disabile” con una società moderna fuori della sua portata. Commovente per le stesse ragioni. Un po’ come un mammuth in un mondo di volpi, che si agita di fronte a una folla più acuta e brillante di lui. Ma l’emozione deriva anche dalla devota affezione per le tre donne della sua vita: la moglie Catherine (Yolande Moreau) che ha a che fare ogni giorno con le sue inadeguatezze, ma che, nonostante tutto, lo ama profondamente; Yasmine (Isabelle Adjani) il primo amore della sua vita, angelo custode e fantasma che appare al suo fianco nei momenti di estrema depressione. E poi la sua nipotina (Miss Ming), la cui freschezza e immaginazione aprono orizzonti per lui neppure concepibili. Lo humour, meno nero e acido dei film precedenti, è comunque onnipresente, una denuncia velata delle condizioni di lavoro nel nostro Paese che invecchia e della debole speranza che rimane ai giovani. Come tutti sanno, nulla può esorcizzare la paura quanto una risata… Volevamo che il personaggio principale apparisse allo stesso tempo forte e perduto, impressionante e tenero. Il film è stato scritto per Gérard Depardieu. Anche se ha già dato prova del suo genio in ogni film, noi volevamo farlo confrontare con una strategia di ripresa più modesta e libera, con meno attori non professionisti, per spingerlo a provare emozioni forti e a darci il meglio di sé. Stilisticamente, volevamo un film semplice da montare e costruire, che favorisse le inquadrature fisse e i piani sequenza. Come nei film precedenti, per noi la cosa più importante era utilizzare le dimensioni di uno schermo cinematografico per recitare la scena, spesso con vari strati di lettura, senza dover soffermarsi sui dettagli, lasciando allo spettatore la scelta dei dettagli su cui concentrare l’attenzione. D’altro canto, nelle nostre scelte di inquadratura, abbiamo sempre incluso un elemento dissonante per aggiungere un certo disorientamento o mistero, a volte vagamente percettibile, e non cadere mai preda della banalità o dell’estetismo gratuito. Volevamo anche conservare, degli ultimi film, l’onnipresenza del suono, i dialoghi pochi ma significativi, e il realismo degli attori. Ancora una volta ci siamo affidati, per le musiche, a Gaetan Roussel (Louise Attaque, Bashung). Per quanto riguarda la fotografia principale, abbiamo apportato delle innovazioni con il Super16 reversibile, i cui colori saturi sono vicini a quelli del Super8, l’occasione giusta per vedere Depardieu in una luce diversa. Volevamo girare con una troupe piccola e flessibile, in grado di catturare con prontezza quegli attimi di rara intensità che a volte la realtà fa trasparire nelle persone. Nessuna storyboard quindi, a ciascuna sequenza la sua storia. Volevamo anche che il film fosse girato nelle regioni francesi che racconta, quindi abbiamo lavorato a Charente e Charente Maritime… Da Royan ad Angoulême, da Saint Palais a Montemboeuf, la maggior parte delle località le ha proposte Benoît, che ha adottato Charente come residenza e ci vive da dodici anni. Come già detto, volevamo far ridere e commuovere. Volevamo che la gente lasciasse il cinema in lacrime e un grosso sorriso stampato in faccia. Volevamo fare un film che lasciasse un segno. Se ci siamo riusciti, tanto di guadagnato!