Regia di Maurizio Sciarra Soggetto e scenneggiatura Suso Cecchi D’amico -Salvatore Marcarelli – Maurizio Sciarra Fotografia Arnaldo Catinari Montaggio Cecilia Zanuso Musiche di Eugenio Bennato (Emi) Fonico Bruno Pupparo Scenografia Livia Borgognoni Costumi Andrea Viotti Una produzione Fandango Prodotto da Domenico Procacci
Marchese di Acquafurata -Giancarlo Giannini Rosalia – Tiziana Lodato Notaio – Paolo De Vita Vincenzo – Francesco Benigno Meccanico Sollima – Tony Sperandeo Maria sorella di Rosalia -Valentina Biasio Lucia – Lucia Sardo Madre di Rosalia – Maria Terranova Moglie del podestà – Paola Pace Amica di Rosalia – Maria Rosa Sapienza Podestà – Santo Pennisi Maresciallo – Antonello Puglisi Parroco – Ignazio Pappalardo
LA STANZA DELLO SCIROCCO vuole essere un film che trova giustificazione soltanto in se stesso, nella sola voglia di raccontare una storia. Questa, una volta, era la forza del cinema italiano, questa oggi veorrei ridiventasse la base di un nuovo patto con il pubblico. Una storia con bei personaggi, recitata da bravi attori, ambientata in luoghi che senza dubbio alcuno trasmettono il fascino e la magia che soltanto la Sicilia sa dare, collocata in un tempo che dovrebbe fare entrare lo spettatore in quel clima di fiaba che si vuole evocar, trasportandolo d’incanto fuori dalla routine quotidiana. Una storia che si basa su di un romanzo, a sufficienza stravolto proprio per conservare lo spirito, come ama ripetere una delle scenneggiatrici del film, Suso Cecchi D’amico. La prima scena, l’eterna lotta tra il bene e il male impersonato dai paladini del ciclo carolingio prestati alla nostra leggenda, vuol essere la chiave di lettura dell’intera vicenda. LA STANZA DELLO SCIROCCO si colloca nella tradizione delle storie tramandate dal “teatro dei pupi”, con tutto l’alone di mistero e di fantastico che gli è proprio, con tutti i suoi personaggi vittime di travolgenti passioni e forti sentimenti che ha sempre contraddistinto quersto tipo di narrazione, personaggi eccessivi, ma sempre riconducibili ai comportamenti di tutti noi.La vicenda ci fa accostare a temi e problematiche addirittura abusati dal cinema d’oggi. Per esempio quello dell’amore all’apparenza impossibile trattato senza sensionalismi, senza eccessi o scandalismi. Cominicando soltanto sentimenti, paure, reticenze, rossori. Soprattutto, lasciando ai personaggi il tempo di guardarsi dal di fuori, con tanta ironia. Il Marchese vuole essere l’archetipo di questi personaggi. Un uomo che non si prende mai sul serio, e che nello stesso tempo è capace di farsi travolgere dalle vicende che vive, abituato a non avere misura, che trova sempre il momento per ridere di quello che fà. L’apporto di un’attore come Giannini, inteligente, ironico, dalle mille sfumature, sempre al servizio del film e del personaggio, è stato fondamentale per far lievitare il film, per conferirgli quella legerezza che ho strenuamente cercato.Lo stile di ripresa voleva essere al totale servizio della narrazione . Uno stile che consentisse agli attori di dispiegare al meglio le proprie possibilità, senza stringerli in vincolanti limiti formali. Un uso della macchina da presa che consentisse ai personaggi di muoversi liberamente dentro lo schermo, soggetti soltanto all’unico imperativo cetegorico che ciascun film dovrebbe avere: divertire lo spettatore, trasmettendogli emozioni, sentimenti e sogni.Il film si è avvalso dei mille apporti creativi di tutti coloro che vi hanno preso parte, ognuno impegnato nel proprio settore a dare il meglio di sè. Questo penso che traspaia al di là del risultato raggiunto. E’ anche grazie a tutti loro se oggi, dopo mille difficoltà produttive che hanno accompagnato la nascita di questo, come di quasi tutti i film italiani, questo film può presentarsi al giudizio del pubblico.E’ il 1936. Il Marchese di Acquafurata (GIANCARLO GIANNINI), vissuto per anni a Parigi, fa ritorno in Sicilia; sua cugina morendo lo ha lasciato unico erede del palazzo di famiglia, il più bello di Acquafurata, ma ha posto un vincolo. Il palazzo deve divenire la Casa del Fascio, la sede del partito fascista.Il Marchese, noto in Italia per la sua militanza antifascista, sa di essere ricercato dalla polizia. Il caso gli dà una mano. Il suo maggiordomo, a seguito di un malore muore in un piccolo ma provvidenziale incendio del palazzo e il Marchese, senza pensare troppo alle conseguenze si sostituisce a lui.Le conseguenze di tale gesto appaiono però in tutta la loro gravità al notaio, Dott. Spatafora (PAOLO DE VITA), che cura da sempre gli interessi del Marchese in paese. Anch’egli antifascista, teme che la polizia ed il podestà scoprano il cambio di identità e così arrestino il Marchese. Inoltre il podestà non vede l’ora di mettere le mani sul palazzo così come la Marchesa gli aveva promesso. Rosalia rimane colpita dal fascino che emana quella leggenda, dal palazzo e da quello che lei pensa essere il maggiordomo. I due si studiano, l’una attratta da quell’uomo così più grande di lei, l’altro convinto, così come glia ha detto il notaio, di avere di fronte una spia in grado di svelare il piano segreto del Marchese e del notaio stesso: organizzare la fuga di un perseguitato politico dall’isola di Lampedusa. La partenza di Vincenzo per la guerra d’Africa fa precipitare la situazione: Rosalia pur combattuta dal senso del peccato, riesce a dichiarare la propria passione al Marchese. Il Marchese escogita così un nuovo stratagemma: fa ritrovare un testamento nel quale è scritto che il palazzo deve essere regalato ad una coppia di terremotati che avevano fatto domanda per una casa popolare.Arrivano così nella casa del Marchese di Acquafurata-maggiordomo, Vincenzo (FRANCESCO BENIGNO) e Rosalia (TIZIANA LODATO), lui cavatore di pietre, fascista per convenienza, e lei bellissima e sensibile donna del popolo. Durante una visita del palazzo, che il Marchese deve condurre sotto le spoglie del maggiordomo, per sedare i sospetti che su di lui nutrono la moglie del podestà e le amiche di Rosalia, il Marchese riscopre grazie a Rosalia una particolare stanza del palazzo: la stanza dello scirocco. Una stanza scavata nel tufo , con una preziosa fontana, dove ci si rifugiava durante le torride giornate di scirocco. Il marchese ricorda una leggenda che grava su quella stanza e su quel palazzo. Si dice che , costruita da architetti arabi, la stanza fose il punto di rottura di tutto il palazzo; basta gridare per tre volte, a intervalli regolari, che le mura vengono giù in un soffio. Nella stanza delo scirocco, stupito, l’anziano signore scopre di aver fatto innamorare di sè la giovane donna. Questa scoperta risveglia in lui quei sentimenti che avrebbe voluto accantonare per sempre. Anche lui si getta in questa bella e impossibile storia d’amore. Purtroppo però la madre e la sorella di Rosalia scoprono il loro amore e, all’insaputa del Marchese, riportano a casa Rosalia. Il Marchese, mettendo a repentaglio il suo piano per la fuga dell’esiliato politico, riesce a farsi giurare da Rosalia il suo amore e a farsi promettere che ella fuggirà dalla sua famiglia e che ritornerà da lui con il primo treno. Il Marchese, ormai folle d’amore e totalmente dimentico della sua missione politica, aspetta per tutta la notte il ritorno di Rosalia. All’alba il Marchese crede di sentire la voce della giovane donna che lo chiama. Proviene dalla stanza dello scirocco. In quella stanza il Marchese per tre volte grida il suo amore per Rosalia… la leggenda si avvera: la stanza crolla portandosi dietro tutto il palazzo.Miracolosamente incolume, il Marchese deve dolorosamente constatare di essere solo sotto le macerie. Rosalia non era con lui in quello strano terremoto che ha distrutto soltanto il suo palazzo. Ormai disilluso il Marchese, complice il notaio, riesce a raggiungere il motoscafo che doveva servire a liberare il suo compagno che invece è stato fatto fuggire senza bisogno del suo intervento. Il Marchese a questo punto è pronto a tornare in Francia, per gli antifascisti del luogo costituisce soltanto una pericolosa presenza. Improvvisamente ecco di nuovo quella voce che lo chiama, la voce di Rosalia….ma questa volta è vera. Rosalia è riuscita a fuggire e lo ha raggiunto per andare via con lui.Alla guida del motoscafo che li porterà verso la libertà, il Marchese vorrebbe finalmente rivelare la sua vera identità a Rosalia ma lei gli chiude la bocca con un bacio.