In un altro paese

 

Fandango: Distribution

Regia di MARCO TURCOProdotto da VANIA DEL BORGOcon MARCO VISALBERGHIco-produttore  OLIVIER MILLEsceneggiatura VANIA DEL BORGO, ALEXANDER STILLE, MARCO TURCO


IN UN ALTRO PAESE è un documentario che esamina il rapporto fra la mafia siciliana e lo Stato italiano negli anni della prima repubblica. Il film è incentrato sulla storia del maxi-processo di Palermo e dei due magistrati che lo hanno reso possibile, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E’ la storia di una clamorosa vittoria nella lotta contro la mafia, la storia del più grande processo anti-mafia mai celebrato. Ma è anche la storia di una lenta, inesorabile morte. IN UN ALTRO PAESE, racconta Alexander Stille, “gli artefici di una tale vittoria sarebbero stati considerati un patrimonio nazionale. Dopo aver vinto la prima battaglia a Palermo, ci si sarebbe aspettato che Falcone e i suoi colleghi fossero messi nelle condizioni di vincere la guerra. Invece in Italia avvenne proprio il contrario”. La novità dell’approccio del documentario è nei punti di vista coinvolti. Narrata da Alexander Stille, noto giornalista e scrittore statunitense, che ripercorre i luoghi degli avvenimenti di quegli anni, la storia è rivissuta in prima persona dai magistrati direttamente coinvolti a fianco di Borsellino e Falcone: i giudici istruttori del primo pool anti-mafia Leonardo Guarnotta e Giuseppe Di Lello; il pm al maxiprocesso, Giuseppe Ayala; i loro colleghi più giovani, Ignazio De Francisci e Antonio Ingroia; e da amici come il magistrato Francesco Lo Voi, il giornalista Francesco La Licata. Ad accompagnare Stille nel suo percorso è la fotografa palermitana Letizia Battaglia, le cui impressionanti immagini dei principali delitti di mafia giocano un ruolo chiave nel film. A più di dieci anni dall’uccisione dei due grandi magistrati, il racconto di Stille traccia un quadro inquietante della connivenza tra mafia e politica le cui ombre si estendono fino all’oggi. “La mafia è una componente organica del sistema di potere italiano” dice Ayala; mentre Di Lello sostiene che “I rapporti tra mafia e politica sono tornati ad essere sempre più palesi… senza che succeda niente”; De Francisci si interroga amaramente alla luce della situazione attuale, sul senso del sacrificio di Falcone e Borsellino.Nella visione di Stille la Sicilia è il palcoscenico di una sanguinosa Guerra civile combattuta da un lato dalla Mafia, dall’altro da centinaia di siciliani coraggiosi. In sostanza il film mostra, traendo spunto da atti processuali e da testimonianze, come figure chiave dei governi e delle amministrazioni italiane abbiano rafforzato la Mafia, lasciando uomini come Falcone e Borsellino e numerosi loro collaboratori fatalmente isolati.  LA CORNICELa storia della Mafia e della costituzione dello stato italiano cominciano insieme, a metà dell’800, ma il film si concentra sugli anni ‘80 e i primi anni ’90 del secolo scorso. Questi sono stati gli anni in cui Falcone e Borsellino hanno tratto vantaggio dalle lotte intestine alla Mafia per portare dalla parte dello Stato numerosi mafiosi, rivelatisi poi preziosi testimoni circa la reale struttura di Mafia. In quegli stessi anni, anche grazie al lavoro dei due magistrati che istruirono il primo vero processo contro i vertici della Mafia, Palermo assistette alla costruzione dell’enorme aula bunker, una corte gigante e di massima sicurezza in grado di contenere contemporaneamente centinaia di imputati.Essi dimostrarono che la Mafia non è un fenomeno antropologico, un sottoprodotto siciliano, ma un’organizzazione ramificata anche nei settori dell’amministrazione pubblica, oltre che nell’economia, composta da persone ben identificabili che potevano essere processate e messe fuori gioco.La Mafia reagì violentemente: in 10 anni ci furono più di 50 cadaveri eccellenti, il termine utilizzato dalla polizia nelle comunicazioni radio per indicare l’uccisione di un giudice, un politico o un poliziotto. Un gran numero di collaboratori, particolarmente capaci, dei due magistrati vennero assassinati. Centinaia di Mafiosi finirono all’ergastolo o comunque in carcere per lunghi anni. La conferma definitiva delle sentenze in cassazione nel gennaio del 1992, segnò la rottura di un equilibrio politico. La reazione fu immediata: la Mafia uccise prima Salvo Lima, luogotenente in Sicilia della corrente andreottiana della DC, e poco dopo Falcone e Borsellino.  Dopo le stragi, il governo italiano non poté fare a meno di assumere precise e drastiche misure antimafia. Le stesse invocate dai magistrati in anni di lotte. La collusione tra settori dello Stato e la Mafia ha contribuito alla dissoluzione della Prima Repubblica. Ma questo non ha impedito che oggi la Mafia sia in grado di controllare buona parte degli appalti pubblici e di estorcere il “pizzo” dall’80% degli imprenditori siciliani.Nell’idea di Stille ciò è stato reso possibile da una rinnovata “disattenzione” dello Stato italiano nei confronti dell’universo Mafioso.